sabato 26 aprile 2014

Zuccone Campelli

Era un po’ di tempo che volevo fare qualcosa di diverso, non di pericoloso, ma che non fosse la semplice salita alla cima di un monte.
Così ho iniziato a guardare gli itinerari proposti dai vari siti specializzati e a sfogliare i miei libri alla ricerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione.
Un giorno, quasi per caso, mentre salivo sul Sodadura (gita che vi racconterò prossimamente), il mio sguardo viene attirato da una montagna non molto più alta di quella di dove mi trovavo, ma aveva un certo fascino, a vederla dai Piani di Artavaggio, da dove la stavo guardando, sembrava così maestosa e soprattutto lontana, irraggiungibile e soprattutto protetta da una distesa di neve quasi infinita. Ormai dentro di me ne ero certo, quella montagna che ancora non conoscevo sarebbe stata la mia prossima meta. Inizia subito a fare domande e a raccogliere informazioni e in breve scoprii che la montagna che stavo ammirando era lo Zuccone Campelli 2161mt. Tornato a casa cerco subito maggiori informazioni sulle vie di salita e scopro che la “normale invernale” prevede la salita dal divertente canale dei camosci ma anche la discesa dallo stesso. Bello divertente ma ancora troppo normale, così continuo a leggere e scopro che in estate si più salire da una parte e poi scendere dall’altra ricongiungendosi ai Piani di Bobbio…Ci siamo ecco quello che stavo cercando, una via facile ma non comune. Decido di organizzare la salita per la settimana successiva e inizio a spargere la voce tra i miei amici, ma purtroppo come capita spesso, il giorno della partenza sono da solo, perché come sempre, per i vari impegni personali, non siamo riusciti ad organizzarci.
Si parte direzione Barzio (LC) per prendere la prima corsa della funivia che porta ai Piani di Bobbio 1662mt. Come sempre la gioia di andare in montagna è tanta, ma questa volta è anche condita da un pizzico di “paura”, perché sto facendo una traversata che con tanta neve in molti sconsigliano ma anche, e soprattutto, perché dovrò affrontare il mio primo canalino con pendenza di 45°.
Ed ecco che alla biglietteria arriva la prima “botta”, alla mia domanda se il biglietto andata/ritorno sia valido per salire a Bobbio e scendere da Artavaggio, la signorina mi guarda perplessa, si alza parlotta con un signore che arriva sorridente, non per la felicità, ma per la scemenza che aveva sentito che mi dice:” ragazzo il biglietto è valido, ma con tutta questa neve dubito che tu riesca ad arrivare ai Piani di Artavaggio”. Iniziamo bene la giornata, grazie per l’iniezione di fiducia…senza aggiungere altro ritiro il mio biglietto e mi rimetto in coda cercando di non pensare troppo alle parole del “vecchio saggio”.
Ci siamo, le porte si aprono e mi ritrovo sulla neve dei Piani di Bobbio, senza perdere tempo prendo la pista di destra e la seguo in direzione del rifugio Lecco. Poco prima di raggiungere il rifugio vedo davanti a me un gruppetto di persone che, visti abbigliamento e attrezzatura, con tutta probabilità stanno andando anche loro al Campelli. Aumento il passo per raggiungerli e dopo averli salutati mi confermano la loro destinazione, ma prima decidono di fermarsi al rifugio per bere un caffè. Mentre penso se proseguire da solo o aspettarli, vedo in lontananza due ragazzi che dopo aver lasciato il rifugio stanno puntando decisamente il canale. Lascio il gruppetto del caffè e mi metto all’inseguimento dei due ragazzi. Li raggiungo all’attacco del canalino mentre si stanno preparando, sono due ragazzi e sembrano anche simpatici, come sono spesso le persone che vivono la montagna, mi presento e in breve iniziamo a chiacchierare e subito gli espongo il mio piano di salire e scendere ai piani di Artavaggio. Purtroppo loro hanno pianificato di discendere per la stessa via. Inizio anch’io a prepararmi, ramponi, piccozza, imbrago e caschetto…non tanto per il rischio di cadere, ma il canaloni è davvero stretto e c’è il rischio che cada qualche roccia dai lati. Sono pronto, così inizio a salire mentre i miei due nuovi amici stanno finendo di prepararsi. E’ un paesaggio stupendo, il canale visto da sotto è ancora più ripido di quanto avessi immaginato guardandolo dalle foto, l’esposizione ha lasciato il canale ancora in ombra e la temperatura è decisamente più bassa rispetto a prima. Cerco di tranquillizzarmi e piano piano un passo dopo l’altro inizio a salire, dopo un primo tratto con pendenza moderata, il canale inizia a diventare più ripido e in breve raggiunge i 45°. Sono solo, gli altri stanno salendo ma sono ancora in basso, il silenzio è reso assordante dai battiti del cuore e dal respiro affannoso, ma ormai ci siamo, così riprendo a salire con calma. Ad un certo punto il canale si divide, un ramo sale verso destra, l’altro verso sinistra, per fortuna ho letto il percorso mille volte prima di partire, così senza esitare piego a sinistra e continuo a salire. Finalmente vedo l’uscita e il sole inizia a scaldare l’aria, ancora un piccolo sforzo e in un attimo vengo proiettato in un altro mondo, fatto di sole e spazi aperti. Davanti a me in lontananza vedo i Piani di Artavaggio, mentre alle mie spalle vedo il bellissimo canale dei Camosci, ormai affollato, anche il gruppo del caffè ha iniziato a salire. La gioia è immensa e anche la soddisfazione di aver salito per la prima volta un canale. Aspetto i mie due amici, ci abbracciamo e complimentiamo a vicenda, ma dobbiamo ancora arrivare alla croce di vetta, così seguiamo la cresta a sinistra fino a raggiungere un saltino un po’ esposto che ci obbliga a scendere per poi risalire dalla parte opposta fino alla Vetta dello Zuccone Campelli. Ci concediamo qualche minuto per ammirare il paesaggio mozzafiato e mangiare qualcosa, ma il sole inizia a sciogliere la neve, ma proprio mentre sto per salutare e iniziare la mia discesa, i due compagni mi sia avvicinano “Noi Siamo Stefano e Lorenzo, sai ci piacerebbe tanto scendere con te, ma il problema è che ormai abbiamo fatto il biglietto di discesa dai piani di Bobbio” non fanno in tempo a finire di parlare che ho già il sorriso stampato in faccia “ragazzi nessun problema, il biglietto è valido, a me agre compagnia fa davvero piacere, ma il vero problema che una volta scesi dalla funivia dovremo tornare a Barzio a piedi, io l’avevo già messo in conto, magari a voi non va” e con mia grande sorpresa Lorenzo tira fuori il cellulare e chiede alla sua ragazza di raggiungerlo tra qualche ora a Moggio, riaggancia e con un sorriso che vale più di mille parole esclama “abbiamo un passaggio muoviamoci”. Felici ed eccitati come tre ragazzini rimettiamo gli zaini in spalla e ripercorriamo la cresta fino all’uscita del canale che ammiriamo per un’ultima volta prima di lasciarcelo sulla destra seguendo la cresta che piano piano scende vesso i piani. In breve la forza del sole sulla neve si fa sentire ed iniziamo a sprofondare fino al ginocchio. Ogni passo diventa una faticata immensa e così decidiamo di alternarci a battere la traccia. Finalmente arriviamo a rifugio Nicola, siamo distrutti e bagnati di sudore, ma la gioia per l’impresa ci fa dimenticare tutto questo e la gioia più grande l’abbiamo quando, arrivati al rifugio con caschetto, imbrago, picca e ramponi, ci si avvicina una signora, che era arrivata li con le ciaspole dalla funivia,  e stupita per l’equipaggiamento eccessivo ci chiede:”siete saliti sul Sodadura?” noi, con tre sorrisi che ci tagliano la faccia da un orecchio all’alltro, ci guardiamo e girandoci ad indicare con grande soddisfazione la montagna grande e lontana alla fine del mare di neve rispondiamo “vede quella montagna là in fondo, ecco noi veniamo da là dietro!”.
Adesso sì che possiamo gustarci i nostri panini!
In breve raggiungiamo la funivia seguendo le piste per ciaspolatori e da qui il meritato e prezioso passaggio che ci riporta alle macchine.
Ecco perché amo la montagna, oltre a regalarti emozioni uniche e paesaggi indimenticabili, ti regala anche persone speciali.

Questo racconto voglio dedicarlo a loro, a Lorenzo e Stefano che con la loro simpatia mi hanno accompagnato in questa mia cantasti avventura.

Come sempre oltre alle foto qui sotto, potete trovarne altre nella Photo Gallery qui a fianco.

Grazie a tutti e alla prossima.


Davide






giovedì 17 aprile 2014

Monte Linzone

Anche se è lunedì mattina mi alzo allegro, forse per la bella gita di domenica, ma con un piccolo senso di inquietudine. Mi preparo e vista la bella giornata decido di portare mia figlia a scuola in bici, forse un po' d'aria fresca farà bene anche a me. Lasciata la mia piccola principessa a scuola tutta felice per il giretto mattutino in bici, mi dirigo verso casa con quel senso di...non so come spiegarlo, che non mi abbandona. Mia moglie come sempre, nonostante i miei sforzi, si accorge subito della mia piccola "agitazione" e quasi sapesse leggermi nella mente trova al volo la soluzione:"amore prendi il cane è andate a farvi una passeggiata" così con un sorriso che sembra quello di mia figlia quando le ho detto che oggi andavamo a scuola in bici, decido di esagerare e così prendo il cane, ma anche lo zaino e decido di andare a fare una passeggiata in montagna. Opto per una metà vicina, il Minte Lunzone (per chi abita dalle mie parti è il monte che si vede alla destra del Resegone con sopra tutte le antenne), così mi dirigo in macchina al parcheggio del cimitero di Romcola San Bernardo, un bellissimo paesino a 854mt da dove si può ammirare tutta la pianura padana. Prendiamo il sentiero ben indicato che sale nel bosco e come al solito il mio cane parte a mille, corre avanti e indietro per una buona mezz'ora fino a quando, dopo aver bevuto, capisce che forse è meglio andare con calma. La giornata è splendida, in giro non c'è nessuno e così ne approfitto per fare qualche bella foto con tutta calma. Usciti dal bosco arriviamo nei pressi di una baita abbandonata dove si trova un tavola da pic-nic. Ne approfittiamo per sgranocchiare qualcosa e bere un po', finalmente siamo in cresta e così oltre alla pianura padana ammiro le bellissime montagne Orobiche, le Grigne sembra di poterle toccare con la mano e il Resegone è ancora più vicino. Prendiamo il sentiero che sale su una piccola cresta da dove finalmente si può ammirare la maestosa croce di vetta a 1392mt. Ed eccoci in cima, la prima cima del mio bellissimo cagnolino!!!! Purtroppo il vento è fastidioso e freddo così decido di scendere verso le due casette che si vedono sotto la cima con la speranza di potermi proteggere dal vento dietro a qualche muro. Così facciamo, arriviamo ad una casa e riparati dietro al muretto inizio a tirare fuori il mangiare, panini per me scatoletta per il cane. Ma proprio appena finito di mangiare mentre mi stavo rilassano sul prato coccolato dal sole, un rumore fanstidiosi e allo stesso tempo familiare rompe il magico silenzio che fino a qual momento ci ha accompagnato. Alzo la stessa e con mio stupore vedo dei giganteschi camion che mangiamo letteralmente la montagna di fianco con un rumore terrificate. Rimetto tutto nello zaino e iniziamo a rientrare, con un pizzico di nervoso, io perché volevo riposare il cane perché voleva ancora scorrazzare libero e tranquillo per il prato. Ma ecco che superato un crinale che riporta verso il bosco, troviamo un santuario con un altro tavolo da pic-nic. Come se mi avesse letto nel pensiero il cane inizia a correre fino al tavolo e con un balzo ci sale sopra. Ecco quello che cercavamo, tranquillità e comodità. Tolgo scarponcini e calze e mi sdraio sul tavolo con lo zaino come cuscino. Saranno trascorsi si e no 30-35 min, ma a me sembrava che il tempo si fosse fermato, il silenzio, il cielo azzurro e il sole caldo che mi scaldava...ecco il vero relax. Con le batterie cariche e con un po' di nostalgia rimetto scarpe e zaino e riprendiamo la via del ritorno. Il sentiero, dopo aver lasciato il bellissimo santuario (in alcune date particolari viene anche celebrata la messa), si ricollega al sentiero di salita e ci riporta rapidamente nel bosco. In breve purtroppo ci troviamo alla macchina, sono le 15, così penso che se mi sbrigo riesco anche ad andare a prendere la mia piccola principessa a scuola. Guardo per l'ultima volta questo bellissimo paesino così vicino a casa ma a me finora sconosciuto e dopo essermi complimentato col mio compagno di passeggiata rientro a casa in tempo per condividere un pomeriggio all'oratorio con mia figlia.
Il giro del Linzone è davvero bellissimo da fare anche con la famiglia e i prati che si trovano usciti dal bosco sono ottimi anche per un bel pic-nic, cosa che farò presto, ed è ottimo anche per uscite di mezza giornata o per iniziare ad avvicinarsi alla montagna senza un impegno tecnico/fisico eccessivo.
Spero che queste mie parole abbiamo acceso in voi la curiosità e la voglia di andare a visitare questa bellissima montagna che abbiamo dietro casa.
Come sempre oltre alle foto di seguito, a breve troverete tutte le altre nella Photo Gallery qui a fianco.

Ciao a tutti

Davide



martedì 15 aprile 2014

Monte Ferrantino

E’ da qualche mese che io e i mie due amici, Marco, detto “Tres” ed Emer, cerchiamo di organizzare un bel giretto tutti insieme, ma per mille motivi non ci siamo ancora riusciti e anche questa volta non sembra diversa. Fino a venerdì siamo solo in due e in più il tempo è un po’ incerto, ma sabato ecco la svolta, il meteo sembra essersi stabilizzato sul sereno e anche l’ultimo della piccola compagnia  alla fine riesce a liberarsi dagli impegni di famiglia (meglio non approfondire, sappiamo solo che ha mandato la moglie a mangiare da sola dalla suocera, non vorrei essere in lui al ritorno). Eccoci finalmente tutti insieme in macchina (un bel suvvettino nuovo nuovo del Tres) alle 6:30 un po’ assonnati ma carichi e pronti per affrontare la la giornata da tanto attesa. Visto che è già un miracolo che siamo riusciti a trovarci, chiaramente non siamo d’accordo sulla meta finale, io vorrei salire il Monte Ferrante, una bella cima di 2.427mt nel gruppo della Presolana, al Tres basterebbe fermarsi all’anticima, il Monte Ferrantino 2.325mt, mentre Emer visto il piccolo infortunio al piede vorrebbe raggiungere il rifugio Albani, mangiare qualcosa e rientrare. La meta non è importante, l’importante è che siamo finalmente tutti insieme. Dopo 1h e 45min circa, non ricordo con esattezza visto che abbiamo chiacchierato tutto il viaggio e il tempo è volato, siamo arrivati nel parcheggio basso degli impianti di risalita di Colere, uno dei primi paesini che si incontrano dopo il passo della Presolana arrivando da Bergamo. Calziamo gli scarponcini, diamo un’ultima controllata agli zaini e seguiamo le chiare indicazioni per il rifugio Albani. La stradina, inizialmente asfaltata, ci porta, con un primo breve strappo, nel bosco, dove la stessa diventa un bel sentierino sterrato. Dopo aver costeggiato la pista da sci per un centinaio di metri, rientriamo e sinistra nel bosco lasciando i “colleghi” dello sci-alpinismo che hanno proseguito dritti sulle piste da sci. Finalmente soli, ci lasciamo andare a chiacchiere e risate e senza neanche accorgercene usciamo dal bocconi una piccola valle ancora piena di neve. Ci fermiamo qualche minuto per fare delle foto (naturalmente tutte uguali) e trainati dall’Emer, che ripetendo come un marra “mi fa male l’unghia, mi fa male l’unghia” oggi va come un treno (a volte il dolore e la voglia di togliere lo scarponcino fanno miracoli), arriviamo in vista del Rifugio Albani che raggiungiamo in 2h di divertente cammino. Eccoci alla prima tappa della nostra giornata, sgranocchiamo qualcosina, un goccio d’acqua e subito si presenta il primo dilemma, continuiamo o rientriamo? E’ ancora presto, sono solo le 10:30, e chiacchierando col rifugiata scopriamo che a circa 30min c’è un’altro rifugio da dove si vedono il Ferrante e in Ferrantino. Così decidiamo intanto di raggiungere il rifugio per rimandare la decisione a dopo. Io e il Tres inforchiamo le ciaspole e ci mettiamo all’inseguimento di Emer, che per merito dell’unghia rotta, è partito qualche minuto prima di noi. Effettivamente dopo una mezzoretta lungo un sentiero battuto dalle motoslitte e un’ultimo strappo lungo la pista da sci raggiungiamo il Rifugio dell’Aquila. Il Ferrantino è lì a due passi così senza dover dire niente pieghiamo tutti a destra in direzione della cima. Qui vista la pendenza, anche se breve, decidiamo di sostituire le ciaspole coi ramponi e forse in cuor mio anche con la speranza di poter raggiungere la cima più alta, quella del Ferrante. Risalendo la cresta in breve ci troviamo in vetta al Ferrnatino, lo spettacolo è stupendo, la parete Nord della Presolana è magnifica ed imponente, e lo sguardo fugge sul maestoso trio Alben-Menna-Arera, che come sempre ascia a bocca aperta. Siamo contenti, ci abbracciamo e iniziamo a scattarci fuoco a vicenda per immortalere questo momento, ma qualcosa stona, la mia meta è lì a due passi, ma la ripida e un po’ esposta parete finale è ricoperta di neve marcia e con mio grande rammarico sono costretto ad ammettere che oggi è proprio impraticabile. La delusione si trasforma immediatamente in energia positiva, forse per la bella compagnia, e così saluto il Ferrante con la promessa che non appena la via si libererà dalla neve ci rivedremo e ci sfideremo come sempre ad armi pari. Scendiamo, affamati, fino al rifugio dell’Aquila, dove consumiamo i nostri panini su tre belle panche riparati dal vento e scaldati dal sole che dopo essersi fatto desiderare adesso risplende nel cielo. Riposati e rifocillati, decidiamo di scendere seguendo le piste da sci, che anche se aperte per il week-end, visto l’orario sono praticamente deserte. In poco tempo ci troviamo nel bosco, dove riprendiamo il sentiero di salita che ci riporta, con un po’ di tristezza e nostalgia, alla macchina. Stanchi ma soddisfatti ci cambiamo e lentamente ritorniamo a casa, facendo mille progetti sulle prossime uscite e ripromettendoci che questa volta non passerà così tanto tempo prima di organizzarci di nuovo. Ma forse è proprio questo il bello, l’attesa, che rende tutto più magico e speciale, forse se uscissimo insieme tutte le domeniche, alla fine le nostre gite sarebbero noiose e monotone…beh amici però se state leggendo adesso non esagerate, va bene l’attesa ma che non sia l’anno prossimo :-)

Come sempre trovate tutte le foto nella Photo Gallery qui affianco.

Un saluto


Davide




giovedì 10 aprile 2014

La morte sospesa

Per molti alpinisti i libri sono stati la molla che ha fatto scattare in loro quel qualcosa che gli ha fatto fare il definitivo passo dall'andare in montagna a vivere e amare la montagna. La morte sospesa è il libro che ha cambiato il mio modo di vivere e vedere la montagna, è da li che ho comincia a voler salire e affrontare le montagne e non solo passeggiarci in mezzo. Questo libro evidenzia in maniera netta ed evidente che quando si va in montagna, e non importa quanto alta essa sia, si entra in un altro mondo, con regole diverse da quelle con le quali siamo abituati a convivere, lì valgono solo le regole della montagna. Avevo letto una breve recensione di questo libro on-line e incuriosito dalla mia ignoranza di capire come una montagna semi sconosciuta nel cuore del Perù potesse essere l'oggetto di un libro, visto che fino ad allora per me le "montagne" che meritavano tale nome erano solo i famosi ottomila Himalayani. Così mi recai in biblioteca a prendere il libro e appena inizia a leggerlo capii che fino ad allora ancora compreso veramente cosa volesse dire andare in montagna.
Due alpinisti britannici, Joe Simpson (autore del libro) e Simon Yates, lasciano il loro paese e le loro famiglie per tentare la scalate del Siula Grande 6.344mt, e aprire una nuova via di salita lungo la parete ovest. Dopo essere arrivati in vetta, non senza difficoltà, decidono di scendere dalla cresta nord, a loro avviso più facile e sicura. Proprio durante la discesa, come spesso accade, Joe scivola e si rompe una gamba. A 6.000mt e lontani settimane a piedi dal primo ospedale, i due sanno che posso contare solo su di loro, così con una tecnica poco ortodossa ma efficace, i due riescono a riprendere la discesa con Simon che appoggiato precariamente alla parete ghiacciata cala lentamente il compagno per la lunghezza di una corda, per poi raggiungerlo a sua volta e ricominciare con un'altra calata. Improvvisamente Simon sente la corda tendersi e trascinarlo verso il basso, si aggrappa con tutte le sue forze alla parate ma il peso del compagno continua a tirarlo giù. Rimango in questa situazione precaria per parecchie ore, fino a quando Simon si trova costretto a prendere la decisione più difficile della sua vita...salvarsi! Con la mano libera tira fuori il coltello e con un gesto rapido e netto taglia la corda che lo lega al compagno. Spaventato, stanco e gelato ricomincia la discesa per cercare di raggiungere l'amico e capire cosa sia accaduto, ma una volta raggiunto l'orlo di un crepaccio capace che per Joe non c'è più niente da fare e distrutto continua a scendere fino al campo base. Joe precipita per parecchi metri nella pancia della montagna fino a fermarsi su una cengia di neve, ormai è convinto che quella sarà la sua tomba e che non ne uscirà mai vivo. Con una forza d'animo e con una voglia di vivere che neanche lui sapeva d'avere, Joe riesce faticosamente ad uscire dal crepaccio e a strisciare letteralmente giù dalla montagna, fino ad arrivare, dopo alcuni giorni, al campo base dove Simon si stava preparando per far rientro alla civiltà.
Nè Joe né la maggior parte degli alpinisti mondiali, hanno mai criticato la scelta di Simon di tagliare la corda e abbandonare il suo compagno, perché sapevano benissimo che a quelle altitudini e temperature se Simon non avesse preso quella decisione, sarebbe sicuramente precipitato anche lui in fondo al crepaccio. Purtroppo la stampa, l'opinione pubblica e tutte quelle persone abituate a vivere secondo le regole di tutti i giorni non la pensavano così e accusarono duramente Simon.
Ecco che leggendo questo libro ci si rende conto che in montagna oltre a comandare lei, ci sono delle regole completamente diverse e prima di giudicare le scelte di alcuni alpinisti bisognerebbe andare con loro almeno una volta per rendersi conto di cos'è davvero la montagna.
Io non so se avrei tagliato la corda o mi sarei lasciato  morire assieme al mio compagno, però so che Simon è stato davvero coraggioso, perché a volte per salvarsi bisogna prendere la decisione più difficile.
Ora correte a leggere questo meraviglioso libro e se siete troppo pigri sappiate che ne hanno fatto anche un film omonimo che potrete facilmente reperire in alcune videoteche o cercando un po' in rete.

Buon divertimento a tutti e alla prossima.

Davide



lunedì 7 aprile 2014

Pizzo Corzene

Oggi finalmente scrivo il primo post riguardante una vetta e come sempre iniziano i primi dubbi: scrivere una relazione dettagliata e puramente descrittiva del percorso o descrivere solamente la mia gita? Dopo tutta la notte a pensare sul da farsi ho deciso di provare a unire il tutto provare a raccontarvi la mia gita descrivendo anche il percorso con alcune indicazioni per chi volesse ripeterlo.
Arrivato domenica mattina presto al parcheggio di fronte all’Hotel Spampatti, qualche centinaio di metri prima del Passo della Presola, infilo i miei scarponcini da trekking, zaino in spalla e imbocco la via Cassinelli. L’aria è frizzantina, il silenzio vista l’ora è fantastico e lo stress e i pensieri di tutti i giorni iniziano a dissolversi e vengo avvolto dal dolce abbraccio del bosco che circonda la strada. Dopo pochi minuti di cammino lungo la carrettiera, la stessa finisce ad una piccola baita. Da qui decido (come avevo letto su alcuni siti e libri) di salire dritto sul prato che si trova dietro la baita puntando il bosco soprastante nella speranza di superarlo e trovare la Baita Cassinelli. Ed ecco, come dicevo nel post recedente, che inizio a dover contare solo su di me e sulle mie scelte: sarà questo il prato del quale ho letto, e se mi sono portato troppo avanti, forse dovevo girare prima…ma ormai sono qui e il mio istinto mi dice di inviare a salire. Risalgo il prato e mi addentro nel boschetto, subito penso di essermi perso, poi guardandomi in giro scorgo alcuni nastri rossi su alcuni rami, sollievo la strada sembra essere quella giusta, supero il bosco e dopo poco ecco che il rifugio Cassinelli mi appare rassicurandomi. Adesso inizia la neve, così inforco le ciaspole, gentilmente prestatemi dal mio amico Tres, e seguendo le tracce di coloro che sono saliti nei giorni scorsi, tenendo la sinistra mi addentro nel vallone incastonato tra la Presolana (sulla destra) e il Corzene (sulla sinistra). Sono completamente solo, non c’è nessuno, neanche un pantano rumore di macchine niente…è stupendo solo io la neve e le montagne. Il percorso è tecnicamente facile, così inizio a “rilassarmi” un po’ e a godermi il paesaggio. I pensieri, senza preavviso, mi riportano ad una foto che avevo visto qualche tempo fa in un libro del famoso alpinista Italiano Marco Confortola, raffigurava la Valle del Silenzio, è una valle che si trova ai piedi dell’Everest (la montagna più alta della terra), anche questa valle è circondata da vette imponenti e maestose, da una parte l’Everest e dalla’atra il Lhotse ( che coi suoi 8.516mt è il 4° ottomila del pianeta) e nel suo libro Confortola la descrive come un luogo di pace, silenzio e tranquillità, molto in contrasto con le vette minacciose che la circondano. Ed ecco che mi sembra di essere lì, a 8.000mt, in cammino verso il mio personale Everest. Il senso di solitudine è immenso, rafforzato oggi dal fatto che in giro non c’è nessuno, se non uno ski-alper che salito prima di me sta già scendendo, giusto il tempo di un saluto e sparisce velocemente. Ma come spesso accade in montagna quando ci si accinge a salire una vetta, la calma e la tranquillità è solo apparente, non bisogna mai abbassare la guardia, il pericolo è sempre dietro l’angolo e infatti la vista di alcune slavine scese dai canali di queste vette mi impongono di stare all’erta, di ascoltare ogni rumore ed essere pronto a mettermi al riparo nel caso qualche slavina dovesse staccarsi proprio durante il mio passaggio. Fortunatamente tutto procede per il meglio e raggiungo la fine della valle da dove a sinistra parte una stretta e un po’ esposta cresta che conduce alla vetta. MI fermo per prepararmi all’attacco, via ciaspole e bastoncini e mi preparo con ramponi e piccozza. Mi giro e riguardo la splendida vallata che ho appena percorso, rivedo la traccia che come un lungo serpente risale la vallata fino a dove mi trovo adesso e rimango lì a fissarlo immobile come se da un momento all’atro dovesse spuntare la sua testa da dietro l’ultimo dosso, ma niente tutto rimane immobile. Rigenerato dalla breve sosta mi concentro sugli ultimi metri che mi separano dalla vetta. Sono i più impegnativi, per fortuna sono salito presto e la neve è bella dura così le punte dei ramponi mordo il ghiaccio e i miei passi si fanno sicuri…pianto la piccozza, due passi e ancora piccozza, due passi e così procedo con cautela fino a quando la cresta non inizia ad assottigliarsi e allora quel senso di solitudine che prima mi trasmetteva pace e serenità, all’improvviso inizia a farmi preoccupare un po’:”caspita ma se cado e scivolo giù non mi vede nessuno!!”Come sempre in montagna la paura è buona amica, quando si ha paura si sta molto più attenti e così ho fatto, ad ogni passo prima di staccare l’altro piede per fare il passo successivo controllavo che il rampone fosse ben saldo e che pa piccozza fosse ben piantata. Ed eccola finalmente, la cima!!!! Che spettacolo!!! Quando finalmente arrivo in cima tutto passa, la stanchezza svanisce, la paura si calma e tutto intorno a me si ferma, è uno spettacolo indescrivibile, riconosco in lontananza le montagne che ho già avuto la fortuna di salire e quelle che devo ancora raggiungere, riconosco quasi 2.000mt più sotto il bellissimo lago d’Iseo e le valli della bergamasca e del bresciano. Purtroppo il sole mi riporta alla realtà, inizia a fare caldo e la neve inizia ha mollare un po’, è ora di scendere. Mi giro e piano piano ritorno sui miei passi girandomi ogni tanto ad ammirare questa fantastica montagna che mi ha concesso di provare tutte queste emozioni. Arrivo dove mi ero tolto le ciaspole e questa volta me le rimetto. Riguardo la valle, la parte destra da dove sono salito non mi sembra molto sicura perché passa troppo vicino ai canali che con l’innalzarsi della temperatura potrebbero scaricare in qualsiasi momento, così vedo in lontananza il bivacco città di Clusone con la vicina Cappella Savina e decido di attraversare la vallata e raggiungerli per fermarmi a mangiare un boccone. Una volta nelle vicinanze del bivacco finalmente incontro i primi segni di vita, un paio di ciaspole e bastoncini fuori dal bivacco, aumento il passo per raggiungerlo in fretta, una volta arrivato tolgo le ciaspole e metto dentro la testa…una faccia amichevole mi sorride e come se ci conoscessimo da una vita mi invita ad entrare offrendomi anche il caffè che stava preparando. Mi siedo, divoro i panini che come sempre mi ha preparato mia moglie, finisco la bibita energetica che porto sempre con me e mentre mi gusto l’ottimo caffe preparato da Maurizio, iniziamo a chiacchierare proprio come due vecchi amici. Proprio quando mi accingo a salutare per scendere mi invita a seguirlo fino a raggiungere la grotta che si trova a vira 45min di cammino proprio sotto le Presolana. Inforchiamo le nostre ciaspole e ritorniamo al Passo di Pozzera dove pieghiamo a destra fino a raggiungere la grotta che purtroppo è coperta da quasi 5mt di neve caduta durante l’inverno. Mi riprometto di tornare a vederla quando tutta la neve si sarà sciolta e finalmente inizio la discesa ritornando da prima al bivacco per poi dirigermi al Rifugio Cassinelli. Raggiunto il rifugio improvvisamente finisce la neve, come se la natura volesse indicarci l’uscita dall’ambiente “glaciale” e il rientro alla civiltà. Ripercorro il tragitto dell’andata fino a quando incontro un cartello che indica “Passo della Presola 45min a sinistra”, non ricordavo di acero visto all’andata e non ricordavo neanche di essere arrivato da lì, così ancora una volta decido di seguire il mio istinto e tiro dritto scendendo rapidamente verso il basso. Ancora una volta avevo ragione, in breve raggiungo il prato dove al suo limite si trova la baita da dove comincia la mulattiera che mi riporterà alla macchina. Nel breve e semplice tratto finale, ripenso alla bellissima giornata e non riesco a credere che fino a qualche ora prima pensavo di essere nella Valle del Silenzio ai piedi dell’Everest, mentre adesso mi trovo a camminare tra prati in fiore nel tepore del sole primaverile, è anche per questi contrasti che adoro la montagna!
Spero di essere riuscito a trasmettervi le forti emozioni che ho provato durante questa gita e che le mie indicazioni siano state utili a tutti coloro che volessero salire il Pizzo Corzene.
Per maggiori informazioni o chiarimenti potete tramite l’apposito form in fondo al blog e a breve caricherò tutte le foto.

Grazie a tutti e alla prossima

Davide









sabato 5 aprile 2014

La preparazione

Oggi è stata davvero una giornata piena, tra impegni come papà, marito ma anche perché è il giorno prima di un'uscita e come sempre mi assalgono mille dubbi 😱
Prima cosa mi guardo sui vari siti internet e libri l'itinerario scelto e qui iniziano i primi dubbi:"avrò scelto la montagna giusta? Non sarà troppo impegnativa?"...poi ci sono i dubbi collegati alle uscite invernali, con la neve che ricopre sentieri e indicazioni:"Riuscirò ad individuare la strada giusta? L'itinerario sarà già stato tracciato da qualcuno? E soprattutto come sarà la neve? Reggerà o sarà molle e si sprofonderà fino alle ginocchia?"
Queste sono le domande che mi faccio il giorno prima di partire, soprattutto quando vado da solo. Ma in fondo sono tutti questo dubbi ed insicurezze a piacermi, a darmi la carica, è il pensiero che domani dovrò e potrò contare solo su di me e solo le mie scelte determineranno il successo o il fallimento di un'escursione.
Quando si va in compagnia è molto più facile perché ci si consulta e si discutono i vari dubbi cercando la soluzione migliore, ma quando si è soli è tutta un'altra storia.
Le gite in montagna infatti non iniziano con la salita, ma con la preparazione. La sfida con se stessi e con la montagna inizia dalla pianificazione, perché sbagliare a pianificare la strada da seguire o l'orario in cui partire può trasformare la gita da bellissima in un incubo.
Sistemata la fase "logistica" c'è da pensare a cosa mettere nello zaino😱
Allora inizio a buttare tutto quello che sul letto...
...inizio a guardare tutta l'attrezzatura cercando di eliminare il superfluo...e qui arriva il bello, cos'è superfluo? La maglia termica? E se arriva il brutto e fa freddo? Le calze di scorta? E se mi si bagnano i piedi? Allora lascio a casa l'imbrago? È vero l'itinerario scelto non è impegnativo ma se per qualsiasi motivo dovessi trovarmi in una situazione d'emergenza e mi dovesse servire? Ed ecco che magicamente noiente è superfluo e infilo tutto nello zaino (in uno dei prossimi post parlerò in maniera dettagliata della preparazione dello zaino).
Ed eccolo il mio bello zainetto pronto
Già c'è proprio tutto perché quando ti trovi inezzo alle montagne puoi contare solo su quello che hai e se ti sei dimenticato qualcosa non puoi fare una telefonata e fartelo portare.
Ricapitolando, itinerario deciso, zaino pronto, manca solo la scelta dell'orario  della partenza. In questo periodo visto il caldo e le temperature elevate opto per una partenza all'alba per trovare una bella neve dura e portante, così metto la sveglia alle 5:01 (chi ha in iPhone sa che quel 01 è importantissimo perché quando ritardi la sveglia suona dopo 9 minuti quindi ci si alza alle 5:10😣) sperando di riuscire a partire da casa per le 5:30 e di iniziare la salita a piedi dal parcheggio alle 7:30.
Allora meglio sbrigasi ad andare a letto, anche se so già che non dormirò molto, perché continuerò a guardare l'orologio per paura che la sveglia non suoni, così quando suonerà sarò già sveglio 😄

Buona notte a tutti

Davide

Ciao a tutti!!!

Ciao a tutti,

come primo post vorrei presentarmi a tutti voi. Sono un giovane papà, marito, figlio e fortunatamente ancora nipote, con una grande passione per la montagna. La amo davvero a 360°, mi piace tutto della montagna, ma soprattutto mi piace parlarne e così ho deciso di condividere i miei racconti con tutti voi.
In questo blog spero di riuscire a trasmettervi la mia passione e perché no, farvi avvicinare a questo splendido mondo!
Parlerò di tutto quello che mi passerà per la testa, emozioni, riflessioni, ma anche suggerimenti su gite e libri più o meno belli che parlano di montagna...parlerò di sogni e ambizioni più o meno raggiungibili e soprattutto chiederò a voi di interagire, perché vorrei tanto che questo blog non diventi un monologo, ma più una fonte d'ispirazione dal quale cominciare ricche conversazioni sulla montagna.
Spero che queste prime righe siano l'inizio di qualcosa di bello!

A presto

Davide